sabato 14 aprile 2018


 Armi in mano ai minori

Sono più di trecentomila i minori attualmente impegnati in conflitti nel mondo. 
La maggioranza ha un’età compresa tra i quindici e i diciotto anni, ma ci sono anche reclute di dieci, dodici anni e la tendenza è verso un abbassamento dell’età. Sono i cosiddetti “bambini-soldato”, con in mano un mitra leggero, anziché un giocattolo o un libro di scuola, costretti a combattere, agli ordini di fanatici e criminali, nei tanti conflitti interetnici che devastano alcuni Paesi poveri del cosiddetto Terzo Mondo. Triste realtà di tante guerre “dimenticate”, poiché poco o nulla di esse trapela dai mezzi di comunicazione di massa, impegnati a trasmettere notizie riguardanti conflitti, come quello, fino a qualche anno fa, in Iraq, dove notevoli erano gli interessi economici in gioco, soprattutto delle potenze occidentali. Così non tutti sanno che da tempo si combattono guerre sanguinose in Paesi già falcidiati dalla miseria e dalle epidemie, in un terribile circolo vizioso che distrugge risorse umane e materiali. E’ in questi Paesi che il numero dei bambini-soldato cresce a dismisura. Nell’ultimo decennio in venticinque Paesi del mondo è stata registrata la partecipazione a conflitti armati di bambini e ragazzi al di sotto dei sedici anni. Per la maggior parte si tratta di Paesi del continente africano: Uganda, Etiopia, Ruanda, Burundi, Somalia, Sudan, Liberia, Congo, Sierra Leone. Alcuni minori sono soldati a tutti gli effetti: prendono parte attivamente alle azioni dei guerriglieri, aventi come obiettivo principale la distruzione dei villaggi, dei raccolti e delle mandrie. Altri sono utilizzati come “portatori” di munizioni e alimenti, ma la loro vita non è certo meno dura e meno a rischio. Alcuni sono regolarmente reclutati dall’esercito del loro Paese, altri fanno parte di gruppi armati che si oppongono ai governi in carica; ma, in entrambi i casi, sono esposti ai pericoli dell’uso delle armi e della guerra, trattati brutalmente e puniti anche in modo estremamente severo. A titolo di esempio, è il caso di citare il comportamento, originale nella sua drammaticità, del Lord’s Resistance Army (LRA), l'”Esercito di resistenza del Signore” (nella denominazione c’è quindi un riferimento religioso), che agisce nel nord dell’Uganda, nell’ambito della guerriglia che da oltre un decennio vi imperversa. Ebbene, l’Lra, anziché reclutare i bambini-soldato, li rapisce dai villaggi e li inquadra nei propri ranghi sotto minaccia di morte, rendendosi pertanto responsabile di un doppio crimine: rapimento dei minori e sfruttamento degli stessi a scopi bellici. Tanti suoi combattenti hanno dai dieci ai dodici anni, spesso sono storditi da droghe e violenze e, per questo, si dice, capaci di grande ferocia nelle azioni di guerra. Quali sono le cause del triste fenomeno dei bambini-soldato? In primo luogo, bisogna considerare che, nel corso degli anni, è cambiata la natura della guerra, diventata oggi prevalentemente etnica e religiosa. Essa viene combattuta senza alcun rispetto delle norme che regolavano i conflitti del passato, ad esempio quelle della Convenzione di Ginevra, quindi con maggiore rischio per la popolazione civile, bambini compresi. Uno studio dell’Unicef, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per la difesa dell’infanzia, ha rilevato che il 90% delle vittime dei conflitti interetnici che si combattono oggi nel mondo sono civili, mentre all’inizio del Novecento tale percentuale era solo del 5%.
In secondo luogo, l’uso di armi automatiche e leggere ha reso più facile l’arruolamento dei minori che possono maneggiare senza difficoltà mitra e fucili, proprio come gli adulti. Inoltre, a differenza di questi ultimi, i ragazzi soldato sono meno esigenti: non chiedono paghe, si fanno controllare e comandare più facilmente, affrontano il pericolo con incoscienza. Infine, ad incidere è anche la lunghezza dei conflitti che, se si protraggono negli anni, richiedono l’esigenza di nuove reclute per rimpiazzare le perdite. E allora, per accelerare i tempi, si ricorre ai giovanissimi: in questo modo, si evadono le procedure normali di reclutamento, anche perché i minori spesso sono sprovvisti di documenti che ne dichiarino l’età. Per quanto concerne i ragazzi che, in tanti Paesi del Terzo Mondo, entrano nelle forze armate come volontari, bisogna dire che la maggior parte lo fa per necessità, per sopravvivere alla miseria, alla fame, ad una vita in alcuni casi senza né averi né affetti. Altri, invece, si fanno condizionare dalla cultura della violenza o trascinare dal desiderio di vendetta per le atrocità viste commettere contro i loro parenti o la comunità di appartenenza. Una ricerca condotta dall’ONU ha accertato che la maggior parte dei bambini-soldato è costituita da individui separati dalle loro famiglie (orfani, vagabondi, figli di single) o provenienti da precarie situazioni economiche e sociali (minoranze etniche, ragazzi di strada, rifugiati nei campi-profughi).
Sui bambini-soldato viene esercitata una triplice violenza: fisica, psicologica e sociale. Nel primo caso, molti muoiono durante i conflitti, altri restano feriti e/o mutilati; altri ancora cominciano una vita di stenti: denutriti, contraggono malattie della pelle, respiratorie, infettive come l’Aids.
Nel secondo caso, le ripercussioni sulla psiche derivano dall’essere stati autori o testimoni di atrocità, dall’essere stati privati della spensieratezza e dell’allegria che distinguono l’età della fanciullezza: incubi ricorrenti e senso di panico continuano a perseguitare questi individui per molti anni, anche nell’età adulta.
Tra le conseguenze di carattere sociale ricordiamo, infine, la difficoltà di ritornare ad una vita normale: ad esempio, inserirsi nuovamente in una famiglia o costruirsene una propria, rientrare nella comunità di appartenenza, dedicarsi a una normale attività lavorativa. Tra le grandi associazioni che si occupano di aiutare bambini troviamo EMERGENCY, il cui fondatore è Gino Strada che ha realizzato una campagna contro le mine antiuomo anche comunemente dette pappagalli verdi”, con cui vengono colpiti in particolare bambini e ragazzi. Li si rende vittime e al tempo stesso protagonisti della guerra, travolgendoli nell'odio degli adulti. Privati di tutto, vedono il loro futuro minacciato da un incubo difficile da allontanare. Sono "BAMBINI in guerra" anche quelli che vengono usati come il sistema più brutale e disumano per aprire percorsi sicuri in zone minate. Camminando davanti alle truppe, i bimbi che incappano in una mina, con la loro morte, eliminano un pericolo per chi passa dopo di loro. Negli ultimi dieci anni sono morti in guerra due milioni di bambini e quattro milioni sono rimasti gravemente invalidati. E' una vera e propria strage degli innocenti. E' un fenomeno che non solo non accenna a diminuire, ma anzi tende a aumentare.
Rossi Marco
Rossi Roberto 
III G