Che cos’è una
fotografia?
Fotografare è mettere
in pausa, catturare per poter tenere con sé un po’ di più. È trattenere i
colori di un paese, le sfumature che lo circondano, le particolarità che lo
caratterizzano. Il protagonista della storia che vi voglio raccontare,amava le
fotografie : amava scattarle e poi trasferirle su una tela, scambiarle con
tubetti di pittura. E allora io, oggi, ho deciso di fotografarne la vita : di
fermarla, per un attimo, di riguardarne i contorni, di imprigionarne il tempo,
non lasciarmela scappare.
Franco Imposimato è un
uomo semplice , un lavoratore instancabile , un padre di famiglia. Ha una
moglie e due bellissimi bambini, Giuseppe e Filiberto. Franco lavora in una
fabbrica e quando torna a casa prende i suoi figli per mano e li porta ad
esplorare , a guardare le chiese, le strade, le città e racconta loro storie,
li fa sognare nella loro quotidianità.
Franco vive : i suoi
bambini sono buoni, hanno tanti amici, giocano con i loro coetanei, sua moglie
lo ama. Eppure c’è un particolare della vita di Franco che può sembrare
piccolo, ma non lo è affatto. Franco è il fratello del magistrato Ferdinando
Imposimato, giudice istruttore dei più importanti casi di terrorismo. Un giorno
Franco inizia a notare dei movimenti sospetti fuori la fabbrica dove lavora e
decide di denunciare. Ecco, Franco denuncia, percepisce che qualcosa non va.
Denuncia e per un po’ di tempo al
seguito della famiglia Imposimato c’è una scorta, ma Franco è un uomo semplice,
di animo libero,soffre per quella situazione e allora insiste perché gli sia
tolta.
Il tempo passa, tutto
sembra acquietarsi , ma non è così :il silenzio è complice della camorra,
perché non dimentica e quando sta zitta non vuol dire che ha lasciato perdere,
vuol dire che sta tramando qualcosa.
Adesso, immaginate.
Immaginate una giornata
di sole, una di quelle limpide, in cui non tira vento, non c’è una sola nuvola.
Immaginate Giuseppe
che, con il fratello più piccolo viene accompagnato a scuola da Franco, dal
papà, da lui che lo bacia sulla fronte e gli dice :” Ci vediamo oggi”.
Immaginate Franco in
macchina con la moglie, mentre pensa allo stipendio che deve arrivare, agli
appuntamenti della settimana e poi, all’improvviso, Franco non pensa più.
Immaginate, adesso, lo sparo forte, preciso, netto, anzi, gli spari, 20 per
precisione. 20 spari di odio, 20 spari di orrore, 20 spari che segnano un
confine.
E dopo ?
E dopo niente. Dopo è
tutto troppo veloce, dopo va tutto come una macchina, tutto meccanico, tutto
rapido. I bambini non giocano più con i figli di Imposimato, quella casa resta
avvolta nel silenzio, resta lo sgomento, la paura, il terrore che fa
allontanare le persone.
Io ho avuto la fortuna
di conoscerlo, Giuseppe, e sono sicura che lui lo avrebbe voluto fermare quel
momento, come i quadri di suo padre, a lui sembrava venire così facile fermare
il tempo. E così, avrebbe voluto bloccarlo, sarebbe bastato un attimo prima
dello sparo, un attimo prima della fine. Ho chiesto a Giuseppe, è stata una domanda che
non ho represso, perché nella mia testa batteva forte, volevo sapere quanta
forza ci era voluta. Giuseppe mi ha risposto che la sua vita non è “ cambiata”,
la sua vita è finita, è finita e ha lasciato il posto ad un’altra vita, nuova,
dura, crudele, ma vera, una vita in cui si lotta, in cui si stringe i denti.
Finchè nel maggio del 2000, 17 anni più tardi, vengono condannati mandanti ed
esecutori materiale. E Giuseppe si trova faccia a faccia con gli assassini di
suo padre, e anche un po’ con i suoi assassini.
“Nessuna vendetta, ma
anche nessun perdono. La vita a loro ha tolto almeno quello che ha tolto a me.”
Giuseppe per tanto
tempo è stato zitto , perché ci sono certi dolori che ti lacerano, ti buttano
giù e sono talmente intimi che non si vogliono condividere.
Ma Giuseppe ora parla,
parla per le sue figlie, per sua moglie, per la famiglia che ha ricostruito,
per le vite che ha ridonato. E vive per quei quadri che tiene nel corridoio
della casa, dove le bambine che portano il suo cognome giocano, corrono,
gridano.
Ed è in questo istante
che la vita si ferma, lascia spazio ad altre vite.
Franco aveva detto
no,suo fratello Ferdinando aveva detto no, suo figlio ora dice no.
Io dico di no.
Basta.
Ch sta zitto è complice
, chi sta zitto ha ucciso Franco, lui e le altre vittime.
Abbiamo bisogno di
verità, emozioni vere, sorrisi, colori.
Di colori vividi,
freschi, dei colori con cui dipingeva Franco.
Russo Clara