venerdì 10 marzo 2017

Che cos’è una fotografia? 


Fotografare è mettere in pausa, catturare per poter tenere con sé un po’ di più. È trattenere i colori di un paese, le sfumature che lo circondano, le particolarità che lo caratterizzano. Il protagonista della storia che vi voglio raccontare,amava le fotografie : amava scattarle e poi trasferirle su una tela, scambiarle con tubetti di pittura. E allora io, oggi, ho deciso di fotografarne la vita : di fermarla, per un attimo, di riguardarne i contorni, di imprigionarne il tempo, non lasciarmela scappare.
Franco Imposimato è un uomo semplice , un lavoratore instancabile , un padre di famiglia. Ha una moglie e due bellissimi bambini, Giuseppe e Filiberto. Franco lavora in una fabbrica e quando torna a casa prende i suoi figli per mano e li porta ad esplorare , a guardare le chiese, le strade, le città e racconta loro storie, li fa sognare nella loro quotidianità.
Franco vive : i suoi bambini sono buoni, hanno tanti amici, giocano con i loro coetanei, sua moglie lo ama. Eppure c’è un particolare della vita di Franco che può sembrare piccolo, ma non lo è affatto. Franco è il fratello del magistrato Ferdinando Imposimato, giudice istruttore dei più importanti casi di terrorismo. Un giorno Franco inizia a notare dei movimenti sospetti fuori la fabbrica dove lavora e decide di denunciare. Ecco, Franco denuncia, percepisce che qualcosa non va. Denuncia e per un po’  di tempo al seguito della famiglia Imposimato c’è una scorta, ma Franco è un uomo semplice, di animo libero,soffre per quella situazione e allora insiste perché gli sia tolta.
Il tempo passa, tutto sembra acquietarsi , ma non è così :il silenzio è complice della camorra, perché non dimentica e quando sta zitta non vuol dire che ha lasciato perdere, vuol dire che sta tramando qualcosa.
Adesso, immaginate.
Immaginate una giornata di sole, una di quelle limpide, in cui non tira vento, non c’è una sola nuvola.
Immaginate Giuseppe che, con il fratello più piccolo viene accompagnato a scuola da Franco, dal papà, da lui che lo bacia sulla fronte e gli dice :” Ci vediamo oggi”.
Immaginate Franco in macchina con la moglie, mentre pensa allo stipendio che deve arrivare, agli appuntamenti della settimana e poi, all’improvviso, Franco non pensa più. Immaginate, adesso, lo sparo forte, preciso, netto, anzi, gli spari, 20 per precisione. 20 spari di odio, 20 spari di orrore, 20 spari che segnano un confine.
E dopo ?
E dopo niente. Dopo è tutto troppo veloce, dopo va tutto come una macchina, tutto meccanico, tutto rapido. I bambini non giocano più con i figli di Imposimato, quella casa resta avvolta nel silenzio, resta lo sgomento, la paura, il terrore che fa allontanare le persone.
Io ho avuto la fortuna di conoscerlo, Giuseppe, e sono sicura che lui lo avrebbe voluto fermare quel momento, come i quadri di suo padre, a lui sembrava venire così facile fermare il tempo. E così, avrebbe voluto bloccarlo, sarebbe bastato un attimo prima dello sparo, un attimo prima della fine.  Ho chiesto a Giuseppe, è stata una domanda che non ho represso, perché nella mia testa batteva forte, volevo sapere quanta forza ci era voluta. Giuseppe mi ha risposto che la sua vita non è “ cambiata”, la sua vita è finita, è finita e ha lasciato il posto ad un’altra vita, nuova, dura, crudele, ma vera, una vita in cui si lotta, in cui si stringe i denti. Finchè nel maggio del 2000, 17 anni più tardi, vengono condannati mandanti ed esecutori materiale. E Giuseppe si trova faccia a faccia con gli assassini di suo padre, e anche un po’ con i suoi assassini.
“Nessuna vendetta, ma anche nessun perdono. La vita a loro ha tolto almeno quello che ha tolto a me.”
Giuseppe per tanto tempo è stato zitto , perché ci sono certi dolori che ti lacerano, ti buttano giù e sono talmente intimi che non si vogliono condividere.
Ma Giuseppe ora parla, parla per le sue figlie, per sua moglie, per la famiglia che ha ricostruito, per le vite che ha ridonato. E vive per quei quadri che tiene nel corridoio della casa, dove le bambine che portano il suo cognome giocano, corrono, gridano.
Ed è in questo istante che la vita si ferma, lascia spazio ad altre vite.
Franco aveva detto no,suo fratello Ferdinando aveva detto no, suo figlio ora dice no.
Io dico di no.
Basta.
Ch sta zitto è complice , chi sta zitto ha ucciso Franco, lui e le altre vittime.
Abbiamo bisogno di verità, emozioni vere, sorrisi, colori.


Di colori vividi, freschi, dei colori con cui dipingeva Franco.
Russo Clara