Dalla pelle fino al cuore
Il pianto di
un bambino, la cosa più bella e allo stesso tempo più brutta che una persona
possa vedere. Il pianto della vita, di quella vita che inizia a sbocciare, che
inizia a fiorire, a intraprendere un percorso, che inizia a compiere vie
complicate, sbagliate, piene di curve e divieti, quella vita che inizia felice
e all’improvviso diventa triste, strana, divertente e poi ancora sofferente e
dolorante, e poi nuovamente gioiosa.
Il pianto di un bambino, di quel bambino che rende la vita di un uomo ed
una donna stupenda, quel bambino che simboleggia l’unica ragione di vita per
due persone, quel bambino che rappresenta tutto, quel tutto infinito di una
vita spensierata.
Ma è semplice riuscire ad immaginare tutto perfetto e felice,
riuscire a vedere solo le cose belle e mai quelle brutte, riuscire a vedere
solo la gioia e mai la tristezza. Ma cosa accadrebbe se vi dicessi che milioni
e milioni di bambini soffrono, come reagireste se vi dicessi che in Italia più
di centomila bambini l’anno subiscono abusi e violenze? Cosa fareste se vi
dicessi che i primi a nascondere tutto siamo proprio noi, già siamo proprio
noi, gente comune, vicini di casa, persone care che vedono, ma fingono di non
farlo, proprio noi che nascondiamo l’evidenza, che trasformiamo graffi, lividi,
rossori in piccole cose.
È più
semplice riuscire a pensare al pianto della vita, al pianto che mostra la
nascita di un bambino, piuttosto che pensare ad un pianto di dolore, ad un
pianto che lacera, che distrugge.
È più
semplice pensare che ogni genitore ami il proprio figlio, pensare che ogni
singolo bambino al mondo sia protetto, e invece non è sempre così. Già, non è
sempre così!
Non è
semplice, invece, pensare ad un maltrattamento, pensare ad una violenza, ad uno schiaffo, pensare a
quella spensieratezza che viene strappata via ad un bambino, pensare a quella
cintura che lascia tantissimi segni.
E ancor meno
semplice è pensare cosa prova un bambino, un ragazzo nella propria mente che
inizia a disconnettersi, che inizia a cambiare pensiero, che inizia ad
incolparsi.
Finora ho
analizzato solo gli aspetti dal punto di vista fisico, ma dal punto di vista
psichico? Sappiamo davvero, tutti noi, cosa significa subire violenza
psicologica? Siamo davvero in grado di comprendere come si senta un bambino a
sentirsi dire cose così brutali, così offensive che colpiscono nel profondo? Io
non credo proprio! Non tutti sono in grado di farlo! A malapena siamo in grado
di vedere i segni fisici figuriamoci i segni del cuore, dell’anima. Io credo
che si sentano come in un inferno, in quell’inferno che li blocca, che li piega.
Si sentono colpevoli di un qualcosa in cui loro non c’entrano niente, sono
impauriti, spaventati dall’idea di perdere una persona “cara”, un “genitore” che
li maltratta e che può essere chiamato in qualunque modo, ma mai genitore. Il
genitore è quella persona che ti insegna, che a volte ti dice cose brutte, ma
che poi si pente, il genitore non è cattivo, non è quella persona che ti fa
sentire colpevole, un genitore non viola il tuo corpo, e neanche la tua mente.
Questi genitori sono l’inferno. E sapete cos’è l’inferno? L’inferno è un
bambino sfregiato da fuori verso dentro, dalla pelle fino al cuore!
Lavinia Tedesco