venerdì 17 marzo 2017

Atalanta e Ippomene




L’arte da sempre, è la capacità di riprodurre quello che dentro si trova, quel paesaggio che pochi riusciranno a vedere, quello dell’anima, quello che restando in silenzio dice più di mille parole. Guido Reni riesce nel  suo intento di mostrare con un’ immagine semplice, dai pochi colori, ma con rifiniture e forme che regalano al quadro una magia propria e la libertà di capire e attribuire uno specifico significato. Un significato che non si restringe al mito che rappresenta l’opera. Il mito parla di Atalanta, che viene abbandonata dal padre su una collina, viene cresciuta da un’orsa da cui apprende l’abilità nella caccia e la velocità nella corsa. Solo all’età di 16 anni, viene accettata dal padre che vuole farla sposare, ma lei, dedita alla natura, non voleva e fece un patto con il padre, quello di competere in una gara e chi avesse vinto, avrebbe avuto la sua mano. Un atto astuto, poiché dato il suo innato talento per la corsa, nessuno era mai riuscito a batterla. Ippomene, però, follemente innamorato di lei, chiede aiuto alla dea Venere per vincere la gara. La dea gli da tre mele d’oro, che durante la corsa lui avrebbe dovuto lanciare, in modo da attrarre l’attenzione di Atalanta. Il suo piano riuscì, e lei, per debolezza, si fermò a raccogliere le mele, e Ippomene ebbe il tempo di superarla e vincere, cosi i due si sposarono.
Io ho voluto riguardare la storia in chiave moderna, cercando di analizzarla. Potremmo certo subito capire che il padre per egoismo lasciò la figlia su una collina, con la semplice colpa di non essere un uomo, ma una donna. Una donna che, nonostante tutto, cresce forte, convive con quella che è la semplice natura, impara a superare ostacoli, che oggi noi potremmo reinterpretare. Il cambiamento e la conversione del padre con la fervida decisione di riconoscere sua figlia, solo quando compì 16 anni, potrebbe stare a significare l’incoerenza dell’uomo, che cerca di rimediare ai suoi errori sotterrandoli, nella speranza che nessuno segua più il suo esempio, ma le cose rimangono, restano immobili, restano nell’animo di chi è stato abbandonato, per egoismo, per essere nati, come dimostra il padre, quasi diversi, e la sua scelta di abbandonarla perché non era un uomo, potremmo ritrovarla oggi, che noi donne, pur avendo secondo la legge gli stessi diritti dell’uomo, veniamo sottovalutate, messe in secondo piano. Invece, Atalanta dimostra e rappresenta il nostro valore, dimostra che possiamo essere sensibili quanto forti, che possiamo superare le cavità più buie di una foresta senza arrenderci, dimostra che noi, oltre a essere mogli e madri, possiamo essere combattenti, dire no, a questa insensata differenza e essere alla pari con gli uomini. Il padre però, sempre per egoismo, vuole far sposare la figlia, che non voleva, questa è un’altra delle tante ingiustizie che ancora oggi, in alcuni paesi, avvengono: i matrimoni combinati, fra uomini di mezza età che sposano bambine, che già all’età di sette anni si comportano da mogli, talvolta anche da madri, quando l’unica cosa che dovrebbero fare è avere la libertà, di giocare, di acculturarsi e di crescere con gli altri. Atalanta ancora una volta rappresenta la forza delle donne ribellandosi, così  solo chi la avesse battuta in una gara di corsa la avrebbe sposata, e questo rappresenta la sua astuzia, perché lei era irraggiungibile e nessuno la avrebbe mai superata. Ma Ippomene da uomo innamorato,  chiede aiuto alla dea Venere, che gli da tre mele d’oro, che poi Atalanta raccolse in modo da far guadagnare tempo a Ippomene che vinse. Ippomene, in questo caso, potrebbe rappresentare l’astuzia, perché vinse ingiustamente, per le mele e non per la sua bravura, cosa che oggi avviene molto spesso nella nostra società. Atalanta inoltre, simboleggia la debolezza, perché rinuncia a vincere la corsa per dell’oro, mettendo al primo posto la ricchezza e dopo la sua incolumità. Oggi, questo fenomeno avviene più di quanto possiamo immaginare, in qualche modo, siamo schiavi di una banconota, schiavi dell’oro, e faremmo qualsiasi cosa pur di averlo.
L’opera di Guido Reni quindi, pur avendo base mitologica, può avere un significato molto più attuale di quanto la semplice osservazione possa rivelare.
Viviane Ferrante